Senti-oh (tipica espressione gigliese tra lo stupore e l’ironia)
Stiamo davanti al mare, perché con un perimetro di 27 km, il mare sull’isola del Giglio si vede da ogni parte. Sono anni che passiamo una settimana delle nostre vacanze al Giglio, e quest’anno oltre al mare e al trekking, abbiamo fatto una gita diversa e golosa!
Simone Rossi, proprietario insieme al fratello Giovanni dell’azienda agricola Fontuccia e produttore del Senti-oh, ci riceve nella vigna. Sotto un pergolato che fa una piacevole ombra, ci porta tre dei suoi vini da degustare, proprio come si faceva una volta, senza fretta, ammirando i filari che ordinati prendono il sole sulle greppe.
Simone ci racconta che, come prima cosa, hanno ripreso le vigne abbandonate dai contadini sparse in giro sull’isola e che la coltivazione e la raccolta a mano avvengono ancora come 200 anni fa.
Qui le vigne sono allevate a ridosso del mare, in posti a volte raggiungibili solo attraverso sentieri contemporaneamente panoramici e impervi. Lui e il fratello, in realtà, non provengono dal mondo del vino, ma ci si sono “buttati” e dal 2009 inizia la loro produzione che si rivela subito una scommessa vinta!
Mentre ci racconta i suoi vini, noi beviamo: il Senti-oh 2017 che ci versa è limpido e brillante, di un bel giallo paglierino, si beve freddo che è un piacere di pesche mature e meloni profumati, arriva la salsedine, la mineralità del granito sbriciolato nel quale le radici dell’ansonica affondano. Questo è un meraviglioso blend delle uve di vigne diverse dell’isola.
Il Senti-oh cru Caperrosso 2017, viene invece dal 50% della produzione della vigna che cresce dietro al faro di Capel Rosso, sopra un sentiero che tra la macchia mediterranea ti porta al mare. Fa una macerazione di 3 giorni sulle bucce, continua Simone, la fermentazione è naturale e si aggiungono 35 gr di solforosa per litro. Ritroviamo tutti i profumi dell’ansonica, ma con una struttura più importante, intenso ed equilibrato, sentori di miele sul finale che ritroviamo poi nel colore giallo paglierino carico: da bere con tutti i piatti di pesce che l’isola ti offre.
L’ultimo è il passito ‘Nantropo’ con due apostrofi. Si fa con l’altro 50% di grappoli provenienti dalla vigna del faro. Esattamente si raccolgono alla fine di Agosto, i grappoli più piccoli precisa Simone, e si mettono ad appassire sulle grate al sole e si girano tre, quattro volte. Gli acini vengono “schicchettati” a mano e macinati ancora con la macina del nonno, fanno acciaio con del mosto fresco fino a Gennaio, quindi si “pulisce” e si imbottiglia. La produzione è di circa 500 bottiglie.
Al naso fresco e balsamico, al palato una piacevolissima dolcezza che persiste per molto molto tempo. Il colore, lasciatemi una nota da amante dell isola, è quello dei tramonti gigliesi.
Naturalmente io ci mangerei il panficato, ma si accosta benissimo a formaggi piccanti e saporiti.
L’ultimo nato è un rosso, il Saracio (come l’albero di ciliegie amarene del Giglio) il vino scelto, un blend che lo rende particolarissimo, deciso e schietto di grenache rosso, sangiovese, tintoretto, moscatellone, ciliegiolo, tutte uve che vengono allevate sull’isola.
Arriva un regalo inaspettato, Simone ci saluta raccogliendo un grappolo di ansonica per accostare il sapore dell’uva a quello dei vini appena assaggiati.