Splendida domenica di sole, trascorsa a passeggiare tra le vigne dell’Azienda Agricola Baldi di Costigliole Monferrato, a due passi da Asti.
Ci accompagna, in vigna e poi in cantina, Gabriele Baldi, figlio del titolare Pierfranco.
Siamo a sud di Asti, in quello che è genericamente indicato come Monferrato, ampia zona di produzione vitivinicola, che si estende fino al Casalese e all’Alessandrino.
I tredici ettari di terreni argilloso-calcarei di Baldi si estendono, tra i 280 e i 300 metri di altezza, sulle propaggini della collina di Casterlburio e digradano verso Nizza e Canelli.
Le vigne spesso sono vecchie e si è costretti a rinnovarle, di tanto in tanto, più per via della tenuta degli impianti, che non del ciclo vitale delle piante. L’ecosistema è, tuttavia, tutelato dalla presenza di boschi di conifere e latifoglie che rompono l’estensione dei filari.
Le due principali vigne le cui uve vengono utilizzate per la produzione di Barbera d’Asti Superiore DOCG sono esposte a sud ovest (Castelburio) e a sud est (Balau).
Gli antenati della famiglia Baldi nel 1800 erano braccianti dei conti Lanzavecchia, proprietari degli appezzamenti circostanti nonché del castello di Burio, sito proprio dietro alla sede attuale dell’azienda.
L’antenato Ludovico, nel 1874 riuscì ad acquistare la vigna del Balau, nome dall’etimologia incerta, forse legata ai casotti rurali, altrove detti Ciabòt.
Luigi, il trisavolo, capo dei braccianti, si prenderà cura del castello, del giardino e di tutte le proprietà in cambio dell’eredità di tutti i possedimenti fondiari delle ultime discendenti dei Lanzavecchia, rimaste prive di eredi.
Oggi, in vigna, si usano solo trattamenti con rame e zolfo e la pratica dell’inerbimento tra i filari, senza lavorare e rivoltare la terra, se non al momento dell’impianto di un nuovo vigneto.
Sugli impianti nuovi si usa la zappatrice interceppo per tenere pulita la vigna, senza rovinare le viti giovani, mentre, per le vigne più vecchie, si usa una trincia di nuova concezione con non ferisce né taglia il ceppo della vite.
La conversione al biologico è già in corso ed è di prioritaria importanza, soprattutto per l’export: all’estero, la certificazione rappresenta una vera garanzia di qualità e i loro interlocutori sono in molti paesi del nord Europa, soprattutto Germania, Olanda e Svizzera.
Ben diciassette sono le etichette e, per alcune, sono prodotte anche meno di 1000 bottiglie.
In totale, si hanno dalle 40000 alle 60000 bottiglie, in funzione dell’annata.
I mosti fermentano in acciaio e più raramente in barrique, ma si utilizzano in maniera molto libera e sperimentale delestage, rimontaggi, tecniche a cappello sommerso oppure follature meccaniche.
Per i vini viene tenuto solo il mosto fiore, il secondo vino è venduto all’industria, mentre le vinacce sono portate nella vicina distilleria Beccaris, che le distilla in un alambicco di rame discontinuo in bagnomaria.
Si produce anche Moscato d’Asti DOCG: ricordiamo che il metodo non è esattamente il Martinotti, in quanto prevede una sola fermentazione in autoclave, prima a valvola aperta e poi a valvola chiusa per arrivare a fine fermentazione con 2 / 2,5 atmosfere. Bella freschezza e intenso profumo di salvia. Abbiamo però assaggiato il 2015, in quanto il 2016 non è ancora stato imbottigliato.
La produzione di punta è, comunque, quella della Barbera Superiore dalle due vigne più importanti, con affinamento in legno di rovere. In particolare il Castelburio fà un anno di tonneau, mentre il Balau un anno di barrique. Si utilizza rovere francese di piante con almeno 80 anni della foresta di Allier, molto ricercati e aromatici, oppure anche rovere di Slavonia o tedesco, con grana meno fine, ma anche meno cessioni al vino.
Le Barbere Superiori Balau e Castelburio ci sono molto piaciute. I produttori vorrebbero far fare più stabilizzazione e riposo in bottiglia, ma finora le richieste di mercato hanno impedito loro di perseguire questa filosofia, pertanto, dopo 6-8 mesi di bottiglia possono risultare vini ancora un po’ scomposti e con sentori di legno. Molto fresco e croccante il frutto, l’affinamento in botte smorza l’acidità, dona morbidezza e piacevoli note speziate.
Molto interessante anche lo Chardonnay “Puro”, bianco secco con fermentazione in botte di legno, molto elegante e piacevole, con bellissima frutta esotica e banana. Il 2013 resta sui 13,5°.
Si dice che lo Chardonnay sembra sia giunto a Costigliole già nel 1700, importato dalla Francia.
Curiosità il “Due”, un assemblaggio di 60% Cabernet Sauvignon e 40% Barbera, per gli amanti dei vitigni internazionali, ma senza cedere del tutto alla moda e senza perdere la territorialità. Solo 6 filari di cabernet per fare un migliaio di bottiglie.