L’inconfondibile silhouette ma un colore che non ti aspetti. Bianco satinato, a richiamare la luce e la purezza dei diamanti. Non è una scelta casuale perchè l’anniversario è quello di un sessantennio in casa Travaglini a Gattinara. Nel 1958 Giancarlo Travaglini brevettava la sua “bottiglia storta” e, nello stesso anno, fondava l’omonima cantina dando una svolta imprenditoriale decisiva all’attività cominciata dal nonno e proseguita dal padre.
Per festeggiare l’azienda ha prodotto in edizione limitata 120 esemplari di bottiglie, dalle curve inconfondibili, in formato Mathusalem. Tutte bianche, dopo 60 anni di nero: la forma è sempre quella che ha reso Travaglini un unicum a livello iconografico nel mondo. Disegnata dallo stesso Giancarlo Travaglini la bottiglia-decanter è inconfondibile: panciuta per raccogliere i sedimenti di un vino che sessant’anni fa prima di essere stappato aveva bisogno di almeno 10 anni di riposo. Una bottiglia con la schiena quadrata, pensata per essere coricata e lasciata ad invecchiare in cantina. Scura per evitare il passaggio dei raggi di luce. La prima annata a finirci dentro fu quella del 1952. Oggi la bottiglia storta è diventata il contenitore-simbolo di tutte le etichette di Gattinara Docg dell’azienda.
A realizzare le bottiglie, tramite stampi appositi, è da sempre una ditta trentina di Pergine Valsugana, prima con il nome di Nord Vetri, oggi come Vetri Speciali. Una scommessa vinta, nonostante qualcuno storcesse il naso davanti a quelle forme così lontane dai canoni: in 60 anni dalla ditta trentina sono uscite 9milioni di bottiglie per Travaglini. Nel 1982 sulle 65mila prodotte Travaglini imbottigliò il suo Gattinara anche in 5mila bordolesi: rimasero a lungo in magazzino perchè ormai il mercato voleva la bottiglia storta.
Oggi l’azienda produce più della metà dell’intera Docg: il suo Gattinara finisce per il 60% all’estero, in 40 paesi dove la bottiglia storta è sinonimo di una declinazione di nebbiolo che sulla mappa ha messo una croce bella grossa fuori dalle Langhe.
Ma il formato è solo una delle scommesse vinte da Giancarlo Travaglini. Prima che all’estetica della bottiglia infatti aveva pensato alla sostanza del vino: la sua scommessa più importante è stata credere nel Gattinara. Tanto da dare una svolta all’attività di nonno e padre, determinato a prodursi e vendere il proprio vino. Nel 1958 Giancarlo ha iniziato un’avventura aziendale su cui 60 anni dopo si affacciano le nipoti Alessia e Carolina, la quinta generazione, e che oggi vede al timone la figlia Cinzia con il marito Massimo. In mezzo l’acquisto di vigneti, l’apertura di mercati puntando sulla qualità, l’ampliamento della cantina, la produzione di etichette come il Sogno, da uve nebbiolo in appassimento, e il Nebolè, nebbiolo spumantizzato con metodo classico.
“Mio padre ha visto quello che gli altri non vedevano. Lui nel cambiamento vedeva un’opportunità, coglieva soluzioni anche in momenti di crisi” ha detto Cinzia nella giornata delle celebrazioni dei 60 anni dell’azienda e della bottiglia storta. Un’eredità importante, che aveva già iniziato a raccogliere prima del 2004 quando scomparve Giancarlo, interpretata attraverso una citazione del Faust di Goethe: “Se vuoi l’eredità dei padri devi riconquistartela. Nulla è dato una volta per sempre”. Così Cinzia Travaglini, durante l’evento di gala in azienda ha presentato la Riserva Anniversario dei 60 anni. Dentro c’è il Gattinara Riserva 2013, ovviamente nebbiolo in purezza coltivato nella vigna Ronchi, una delle prime piantate da Giancarlo a 420 metri sul mare, con perfetta esposizione verso sud nella zona storica di produzione. E proprio Ronchi diventerà il primo cru di dell’azienda che può contare, in attesa di un ampliamento nel 2019, su 59 ettari di cui 52 vitati. I vigneti hanno un’età compresa tra i 2 e i 75 anni, allevati a guyot.
Un tesoro quasi invisibile, non solo quello di Travaglini, perchè la maggior parte delle vigne di Gattinara è nascosta, non la si vede dal paese. Per arrivarci non a caso si deve imboccare via delle vigne. Bisogna salire e scollinare per scoprire scorci che tolgono il fiato. Nascondono un terreno di origine vulcanica, ricco di ferro che regala al Gattinara un’anima unica, sicuramente diversa rispetto ai cugini Bramaterra e Ghemme prodotti ad un pugno di chilometri di distanza. Un vino con un carattere preciso che fece scrivere a Mario Soldati “Meglio un Gattinara cattivo che un Chianti buono”, mentre scopriva un paese di cui sarebbe diventato cittadino onorario.
Nella giornata di festeggiamenti in casa Travaglini le navette facevano la spola dall’azienda alle vigne. Tra quei vigneti è appena finita la vendemmia di un’annata definita “Grandiosa” dall’enologo Sergio Molino, in azienda dal 2002. Un luogo sacro la vigna, perchè “Il vino si fa in collina, non in cantina” diceva Giancarlo Travaglini guardando i grappoli di nebbiolo. E infatti il benvenuto in una delle sale dell’azienda dipinto sul muro è “Il vino è la poesia della terra”, altra citazione presa in prestito Soldati.
Dopo l’escursione in collina il ritorno in azienda dove erano proposte due diverse degustazioni. Una verticale di Tre Vigne, frutto delle uve provenienti da tre vigneti: Lurghe, 280 metri sul livello del mare, Permolone, vigneto storico che produce da 50 anni, Alice, a 420 metri. Esposizioni diverse che regalano vini che poi vengono assemblati. In degustazione bottiglie delle annate 2008, 2006 e 2001 in cui, soprattutto nelle ultime due, la freschezza è stato il tratto comune. In cantina invece era proposta un’altra degustazione direttamente dalle botti per scoprire le diverse personalità che diventeranno un’unica identità nella bottiglia storta. Dopo la presentazione della Riserva Anniversario dei 60 anni nella barricaia, davanti alla platea di invitati, aperitivo in cortile con Nebolè e la cena firmata dagli chef stellati Sergio Vineis e Giovanni Grasso. In abbinamento ai piatti il Gattinara Docg 2014, il Gattinara Docg 2012 Tre Vigne, il Gattinara Docg 2008 Riserva e il Sogno 2012.
“Un sorso di Gattinara…non chiedo di più” ha scritto Mario Soldati, lasciando a quel fazzoletto di terra nel nord del Piemonte, un bel biglietto da visita, Mario Soldati. E, se quel sorso è di Travaglini, sicuramente emoziona.