1982-1983: Gianni Vergnano, personaggio brillante ed amabile, è un felice ed assiduo consumatore di ottimi vini prodotti da due sorelle a Castelnuovo Don Bosco, nel Monferrato, Provincia di Asti, verso Torino; sono luoghi di Freisa, Barbera, Bonarda, Malvasia.Si narra che i loro avi avessero rilevato la cascina da un certo Gilli: si dice fosse un signorotto spagnolo, vissuto nel ‘700, venuto a dimorare in queste zone: un antesignano dei tedeschi, degli americani, dei russi che, in questi ultimi dieci/venti anni, acquistano case e terreni per il loro ‘buen retiro’, rimettendo a nuovo le abitazioni del Monferrato.Però le due sorelle, durante una sua visita, si dichiarano vecchie e stanche, con il desiderio a breve di smettere la produzione di vino: non può essere! Gianni deve poter continuare a godere di quel nettare.Così, ecco il passo che sembra azzardato: acquista la cascina e i terreni, insieme alla moglie, che ha un ottimo gusto e lo aiuta nella ristrutturazione e nell’arredo; il risultato è una bella struttura color mattone intenso, con un bel cortile alberato, in una posizione che consente di godere della vista su tutta la valle, mentre gli interni trasmettono un senso di eleganza.Inseme ad un enologo ed un agronomo Gianni impara il mestiere del vignaiolo. Chiede consigli a Scaglione, enologo di Gancia e produttore del Piasa Rischei, quel gran moscato passito di Loazzolo – oggi prodotto dal figlio -, effettua prove di vinificazione e infine inizia ad imbottigliare.I primi anni sono, purtroppo per lui, anni difficili: molto vino piemontese (non il suo, però) viene tagliato con vini del sud per alzare la gradazione, ad ogni passaggio commerciale l’acquirente aggiunge un po’ di metanolo….. fino allo scandalo con 23 morti, al processo di Ciravegna, al crollo delle vendite e della fiducia dei consumatori.Lui si affida agli acquirenti che lo conoscevano bene e sapevano che Gianni crede nel prodotto delle sue terre e delle sue uve, senza tagli ‘forestieri’. E così iniziano ad arrivare anche le prime soddisfazioni, i premi, la distribuzione del Freisa negli Stati Uniti (dove amano molto la sua versione frizzante), in Giappone, in Belgio…I suo vini sono tutti accomunati da un naso intenso e, a seconda della posizione delle viti, sono più o meno sapidi. Lo Chardonnay ha spiccate note floreali con sentori di frutta esotica; il Rosato – in Monferrato le cascine storiche producono ancora oggi il chiaretto – è un blend di Freisa e Bonarda, con delicati sentori di ciliegia e lampone. La Barbera in acciaio è morbida: emergono, sia al naso che nella piacevole freschezza della beva, la prugna e la mora; la barbera affinata in legni di primo e secondo passaggio ha una forte componente vanigliata e si presta bene ad un lungo invecchiamento. Assaggio infine la Freisa ferma, vinificata in acciaio: un vitigno che, quando ben curato e ben vinificato, è in grado di sfidare il tempo; si mostra subito con un naso elegante, sprigionando sentori di rosa e frutti di bosco. Già ora una gran Freisa destinata con l’invecchiamento a migliorare ancora.Dopo circa due ore di visita, piacevole conversazione e ottimi assaggi, sto per salutare Gianni Vergnano, ma lui mi ricorda che non posso andarmene senza aver assaggiato la Malvasia frizzante – da Malvasia di Schierano e Malvasia Nera – , che lui vinifica nelle proprie autoclavi e imbottiglia ovviamente con un travaso isobarico. Mantiene il vino fermo in vasche a temperatura controllata (3-4 gradi) e, quando ha necessità di imbottigliare, riempie le autoclavi di vino e mosto e fa ripartire la fermentazione, controllandone la pressione e la quantità di zucchero residuo che vuole ottenere. Al contrario di chi produce il moscato frizzante, Gianni non imbottiglia lo stresso anno della vendemmia, perché aspetta che il vino fermo si sia stabilizzato. Il risultato è un esuberante naso di fragoline di bosco che emergono da una sinfonia degli altri frutti di bosco: more, lamponi, ribes…Andate a trovarlo, Gianni Vergnano, e bevete i sui vini, che sono fatti con passione e hanno un ottimo rapporto qualità/prezzo.