Le vigne sull’attenti

Ovviamente il titolo è un gioco di parole, di seguito si capirà perché…. Però…. A ben vedere, più o meno consciamente, tutti i vignaioli curano le loro viti mettendole sull’attenti: con la potatura, la sfogliatura, lo sfoltimento dei grappoli… tutto al fine di avere per ogni pianta i frutti migliori, perfezione, lo stare sull’attenti (e molti con, a guidare la fila, un cespuglio di rose, per intercettare in anticipo l’oidio).
Ma torniamo al gioco di parole. Siamo a Samatzai, entroterra cagliaritano, dolci colline dove piove più che in altre zone della Sardegna e gli sbalzi termici ci sono, anche se non te lo aspetteresti. L’azienda Muxurida (pronuncia: ‘mugiurida’) è una piccola realtà vitivinicola gestita da Paolo Sitzia, ex maresciallo dell’esercito (ecco svelato il gioco di parole). Il nome dell’azienda deriva dal nome con cui è conosciuta la zona dove sorge la cantina. Incontriamo Paolo un pomeriggio dopo un acquazzone: ci viene a recuperare perché neppure col navigatore si riesce a raggiungere l’indirizzo che ci aveva fornito telefonicamente. Dopo un rapido buongiorno, sospettoso, subito ci chiede come l’avessimo trovato – e abbiamo ammesso candidamente che l’avevamo trovato cercando su internet produttori della zona che piantassero vitigni autoctoni; incredibilmente, ha apprezzato la schietta risposta e si è dimostrato un ottimo ospite: ci ha raccontato che lui ha sempre amato quelle terre e che, appena avuto l’occasione, congedatosi dall’esercito, ha preso a lavorare le terre di famiglia. Ci ha mostrato le vigne, e dietro anche un piccolo frutteto con perecotogne (lui ci ha spiegato che non erano melecotogne). Paolo si vede che ha pura passione, non è interessato a diventare famoso: sta lavorando con l’università per la riscoperta di vitigni autoctoni e dichiara di non aver interesse per fiere, che lui ha le sue conoscenze tramite cui vende i vini che gli consentono di vivere e questo gli è sufficiente.
Ci avviciniamo alla cantina, e finalmente assaggiamo: il cannonau è scuro di colore, molto intenso con una elevata acidità, che sicuramente lo rende perfetto per accompagnare un bel maialino arrosto. Ma io gli chiedo dei vitigni autoctoni ‘rari’, e i suoi occhi si illuminano: mi dice che sta coltivando Nasco, Barbera sarda, e vitigni che non sono ancora stati identificati, ma che quelli non li sta ancora vinificando, mentre vinifica il Semidano, uva bianca di difficile coltivazione perché incostante nella quantità.
Assaggiamo il Semidano Superiore costa J Vacca: una esplosione di aromi, che però non vi racconto perché l’amico Mattia ha scritto uno specifico articolo su questo vino sul blog e vi invito a leggerlo.
E finiamo con il Semidano Passito: una freschezza incredibile (sicuramente è il terreno, dato che si è già percepita con il cannonau) compensa la dolcezza che quasi si percepisce già al naso, rendendo la beva piacevole, anche se un po’ di tempo lo farà ancora migliorare, farà emergere sentori terziari che ancora non si percepiscono.
Il sole è tramontato da un po’, perché nel frattempo abbiamo parlato del mondo del vino, delle associazioni, dei problemi che nascono quando un settore ‘decolla’ e subentrano le logiche di business…. Noi abbiamo ancora un’ora e mezza di auto per tornare e siamo costretti a salutare, non prima di aver preso uno scatolone di Semidano Superiore Costa J Vacca; Paolo però, dopo averci preparato le bottiglie, non è soddisfatto, e ci prepara una cassetta piena di uva e perecotogne (dalle quali poi mia moglie ha ottenuto un’ottima marmellata, con aggiunta di solo zucchero e un po’ di rum) perché, dice, abbiamo bisogno di vivande per il viaggio di ritorno.
Grazie Paolo per l’ospitalità, continua con la tua passione perché il mondo del vino vive grazie a persone come te.

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