Il territorio del Carso è noto per una produzione vinicola eccellente e non convenzionale, parliamo infatti di una delle maggiori zone italiane di produzione degli ‘Orange wines’: vini bianchi sottoposti ad una macerazione prolungata a contatto con le bucce. In sintesi parliamo di bianchi vinificati come vini rossi.
Essendo una delle mie prime esperienze in merito a questa tipologia di vini, mi sono fatto consigliare dal mio enotecario di fiducia (che non sbaglia un colpo). La scelta è ricaduta sulla Malvasia 2015 di Benjamin Zidarich.
L’azienda è locata a Prepotto, Trieste. Un piccolo paese situato tra gli speroni rocciosi del Carso triestino ed il mare. Qui le rocce calcaree sono accarezzate da una ben presente e costante brezza marina. I vigneti, poggiati su terra rossa carsica, sono allevati ad alberello e guyot; le densità di impianto sono elevate alla maniera francese (10000 piante per ha); le rese invece sono contenute e non superano i 50 q di uva/ha. I vitigni bianchi coltivati qui sono: Malvasia Istriana, Vitovska e Sauvignon Blanc. Il vino che andrò ad analizzare, nello specifico, è fatto con Malvasia Istriana in purezza, un vitigno originario della Grecia e adattatosi bene tra nord-est italiano, Slovenia e Croazia.
La vendemmia è fatta rigorosamente a mano in cassette. La fermentazione alcolica è spontanea grazie ad una selezione di lieviti indigeni; la macerazione sulle bucce avviene in tini aperti senza controlli di sorta sulla temperatura ed è accompagnata da diverse follature quotidiane, dopodiché il vino viene trasferito in botti medie di Slavonia per la fermentazione malolattica.
Il successivo affinamento avviene in botti medie e grandi di rovere di Slavonia per due anni, prima di essere commercializzato.
Degustazione:
Il campione si presenta di un giallo dorato con velatura dovuta alla non chiarifica. Al naso, dopo circa mezz’ora dall’apertura della bottiglia, i profumi sono ancora molto serrati; non è ancora il suo momento e decido di attenderlo un altro po’. Scoccata l’ora dall’apertura della bottiglia la situazione è molto diversa, il naso si riempie di note agrumate, vegetali (di dragoncello e basilico) e minerali di pietra focaia; ogni 30 secondi una nuova sfumatura odorosa viene fuori.
Lo assaggio… L’ingresso in bocca è molto gradevole, la sapidità è protagonista durante tutta la fase gustativa accompagnata da frutti maturi come la pera e l’arancia candita. Ciò che mi colpisce maggiormente è il grande equilibrio di questo vino; una leggera presenza tannica tira la volata ad una chiusura gustativa salina decisamente persistente.
Il consiglio è di degustarlo in un calice ampio da vino rosso per consentire un’apertura dei profumi più rapida e di servirlo ad una temperatura di 15°.
L’abbinamento non-convenzionale che vi propongo per questo vino è una pizza con impasto ai 5 cereali guarnita con mozzarella di bufala campana DOP, patate di Bologna DOP, salsiccia fresca toscana e rosmarino.
La canzone che consiglio di ascoltare mentre godete di questo abbinamento cibo-vino è ‘Andrea’ di Fabrizio de Andrè.