dal 27 al 29 gennaio 2025, nel centro fieristico di Montpellier, si presentano ad un pubblico di operatori circa 1700 cantine da ogni parte del mondo per la più grande fiera di vini Biologici; l’evento, nato nel 1993, ad ognii edizione incrementa le partecipazioni, a dimostrazione di un sempre cresente interesse per questo tipo di prodotto che autorizza in vigna solo rame e zolfo.
L’allestimento, molto ben organizzato, suddivide i produttori in diversi padiglioni, per numerazione crescente: sono presenti anche Sake e Sidro.
Un piccolo rammarico è dovuto alla contemporaneità di questa bella ed importante fiera con Grandi Langhe, l’evento Torinese che, nei primi due giorni di MillesimeBio, ha consentito a 500 cantine, non solo delle Langhe, ma anche di altre zone del Piemonte, di presentare agli operatori del settore i propri prodotti. Però, si comprende anche che è l’inverno il periodo di minor carico di lavoro dei vignaioli, per cui quasi tutti gli eventi importanti si affollano dopo le festività natalizie.
Tornando alla fiera internazionale in quel di Monpellier: l’afflusso è numeroso, ma senza ressa, e consente una buona circolazione tra gli stand e un buon contatto con i produttori. La cantina portoghese Herdade dos Lagos, fondata oltre 30 anni fa da un tedesco di Brema nella zona dell’Alentejo e distribuita in Italia da Lusitania Vini, propone vini sempre eleganti e freschi, siano bianchi, rosati o rossi; tra i filari mantengono l’inerbimento floreale che divente poi alimento per le pecore merinos dell’azienda. Clos Aguilem, vicino a Montpellier, zona vitivinicola della Linguadoca, è gestita da un giovane brillante. Dato che la doc obbliga la produzione di vini ‘blend’, ha deciso di uscire dalla doc con alcuni sui ottimi prodotti di solo chenin blanc o solo carignan; creerà una nuova Bolgheri al contrario? I due produttori Georgiani propongono vini non più solo in anfora, sia con vitigni internazionali che con vitigni autoctoni locali, oppure vini in anfora con attenta gestione della presenza di raspi (in un ottimo orange i raspi erano solo il 10% dell’intera fermentazione, e sono stati esposti al sole per 3 giorni per togliere il verde e farli diventare gialli, ammorbidendo quindi l’impatto tannico). Pierre Desroches, della zona del Maconnaise (zona sud della Borgogna vicino a Lione), ha 12 ettari di solo Chardonnay, da cui ottiene però numerosi diversi prodotti: quello più fresco e ‘easy’, quello più sapido, quello con le classiche note di nocciola e vaniglia tipiche degli Chardonnay di Borgogna con vinificazione ed invecchiamento in Barrique. Melanie Blondeau (che bello vedere in fiera tante donne del vino, molto competenti, che finalmente scardinano un mondo per troppo tempo considerato solo di dominio maschile) mi illustra attentamente tutti i vini, spiegandomi che la loro filosofia è quella di far emergere in bottiglia le caratteristiche dei vitigni in base ai diversi suoli; utilizzano il legno per esempio solo laddove questo non snaturi l’eventuale notevole sapidità che il vino ricava dalle viti piantate in alcuni specifici loro appezzamenti con forte presenza di conchiglie marine.


Il Sake, fermentato di riso, mi viene proposto a diverse temperature a seconda del tipo di prodotto: freddo come un bianco oppure ai 16/18 gradi come un gran rosso, per valorizzare al meglio le diverse caratteristiche. C’è anche Ojo de Ibiza, un produttore appunto spagnolo, che punta su prodotti di alta gamma (in termini di prezzo), con piccole quantità che sono quasi completamente assorbite localmente nell’isola. Ci sono persino Champagne Bio, discreti seppure, tra quelli presenti che ho assaggiato, nessuno mi abbia particolarmente colpito in termini qualitativi, al contrario dei vini fermi che, come nel caso di Domaine de Saint Paul con i suoi Chateauneuf-du-Pape, sia classico in blend di Grenache Syrah, Mourvedre e altri, sia nella versione ‘L’Insolite’ di monovitigno Syrah, colpiscono per l’esplosione in bocca di un caleidoscopio di sapori, assolutamente coerenti con le note olfattive, lunghissimi in bocca. Non dimenticando Sauvignon Neozelandesi che non sfiguravano in alcun modo nel confronto con alcuni Sancerre. Una fiera che ha confermato, se fosse ancora necessario farlo, che il vino biologico può essere di qualità pari se non talvolta anche migliore dei vini tradizionali, mandando in soffitta definitivamente gli anni in cui, se al primo impatto non si sentiva il cosiddetto ‘cane bagnato’, il vino non poteva esswere biologico.